Project Description

UNA VITA A COLORI

DI ROBERTO SPADEA

Il primo marchio italiano di jeans, Jesus Jeans, all’inizio degli anni settanta è protagonista di un evento mediatico di grandissima risonanza, la campagna pubblicitaria affidata ad Oliviero Toscani ed Emanuele Pirella, che commenta la foto provocatoria di un jeans  con uno slogan destinato ad entrare nella storia della pubblicità: “Non avrai altro jeans all’infuori di me” che fa coppia con un altro celebre payoff di matrice evangelica: “Chi mi ama mi segua”. Di questa campagna pubblicitaria si occuperà anche Pier Paolo Pasolini con un articolo sul “Corriere della sera” poi ripreso nei suoi celebri Scritti Corsari. Siamo nel 1971, l’anno in cui si sciolgono i Beatles, che prima di prendere strade separate per il mondo, si concedono un ultimo concerto happening sul tetto della sede della casa discografica. Uscire dall’oscurità di una sala di incisione o dall’atelier della creatività privata delle idee e della creatività interiore ed abbracciare le strade della vita è il sogno en plein air e allo stesso tempo en plein couleur di Roberto Spadea. Un sogno in technicolor, come i film degli anni sessanta. Una visione pop e anche un po’ dadaista, una vista dal periscopio, come quello del mitico yellow submarine, il surreale sottomarino giallo che Roberto Spadea vuole far riemergere nel mare colorato della vita.

Nel mondo anglosassone si chiamano zebra crossing, sono le strisce pedonali, come quelle di Abbey road, sono zebrate, a strisce bianche e nere. Ma sii può e si deve andare oltre la noia del bianco e nero, oltre la dittatura severa di una nebbiosa scala di grigi: questa è la forza emotiva di Roberto Spadea tutta giocata nel desiderio di una colata lavica di colore, nella palingenesi di una eruzione pompeiana di colore sulla città. La dittatura stilistica dell’imperativo moralistico e ascetico di un mondo monocromatico ci ha reso tutti daltonici a comando, incapaci o svogliati rispetto al richiamo al caleidoscopico desiderio di emozioni libere a colori. Siamp passati dall’iconoclastia religiosa, l’avversione per la rappresentazione dell’immagine divina, alla cromoclastia, l’anatema borghese contro il colore vivido, sgargiante, debordante, psichedelico che caratterizza la rivoluzione estetica degli anni sessanta. Il minimalismo per certi aspetti è il trionfo del senso auto-punitivo protestante contro la vitalità del colore. Il più rivoluzionario dei poeti, Rimbaud, scrive i celebri versi di Voyelles, vocali, come gioco estremo della creatività caleidoscopica del verso, come meraviglia percettiva della mente nella sinestesia tra vocali e colori, tra segni alfabetici e vibrazioni di pigmenti. Cosi comincia la poesia di Rimbaud:  A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu,
Je dirai quelque jour vos naissances latentes. La lingua con cui si scrive la Poesia del mondo è fatto di vocali ineffabilmente colorate, una foresta di rimandi e corrispondenze tra sensazioni e colori. Il colore non è mai muto, e non può in nessun modo essere mai messo a tacere.
I confini tra i colori sono permeabili, si distendono in un movimento debordante che è sempre oltre la pura autoreferenzialità. I colori caldi ci vengono incontro, mentre quelli freddi tendono a porsi a distanza, c’è un movimento prospettico di focalizzazione e messa a distanza che si mostra nell’essenza stessa della percezione delle sensazioni cromatiche. Una sorta di prossemica dei colori che rimanda al movimento di avvicinamento e allo stesso tempo di necessario allontanamento indispensabile nella esperienza della percezione e della  conoscenza.

Nel cinema classico e d’autore il rigore del bianco e nero sembra più artistico, ma il desiderio dell’occhio non può comunque mai prescindere dalla felicità dell’esperienza dei colori. Una scultura esiste anche al buio, ma un colore che non viene guardato non è un colore.  Il colore per Roberto Spadea rappresenta un’ossessione tematica, una esperienza vitale ed emotiva ma anche concettuale e simbolica. Un colore che vuole invadere il mondo, un “Rosso Spadea” che si espande nella città, che si staglia sulle barricate, perennemente in lotta contro la neutralità e l’indifferenza. La fedeltà al colore è la fedeltà allo slancio vitale, cromatico ed esistenziale. Un colore che sceglie di stagliarsi in primo piano, di tornare ad essere protagonista nel mondo della vita, con la sua forza attrattiva e seduttiva.

Le sculture in blue jeans sono una evocazione di presenza, una metonimia della presenza umana. Il jeans è la stoffa del lavoro che diventa un manifesto generazionale della libertà. Il denim è il tessuto che ha segnato la parità di genere nell’abbigliamento, è la vera divisa della società senza classi. Il jeans acquista bellezza perdendo colore, pian piano decolorandosi, si tratto di un paradosso per un cultore del colore vivido e saturato come Spadea che perciò reagisce all’effetto slavato con la sua consueta arma: quella dello spruzzo di colore intenso e indelebile.  Un soffio di colore e i jeans riprendono a vivere con una nuova anima dentro.