Project Description

SFUMATURE DI DONNA

DI ANNA BELLU E ELISABETTA ORSENIGO

Opere di BettyBellù (Anna Bellù – Elisabetta Orsenigo)
A cura di Felice Terrabuio, Paolo Varenna
presentazione di Vittorio Raschetti

BettyBellù
BettyBellù è il nickname di Elisabetta Orsenigo, classe 71 e di Anna Bellù, classe 67.
Betty ed Anna creano insieme, a quattro mani, opere pittoriche intense e singolari dal 2014.
Il lavoro eseguito sulla stessa tela si riconosce facilmente per alcuni dettagli attribuibili a ciascuna di loro mentre la complementarietà di carattere e di tecnica pittorica le unisce con successo nella interezza dell’opera, dotando le loro realizzazioni di un corretto senso dell’equilibrio e di una sintesi formidabile di segno e di pensiero. Anna E Betty sono come due poli opposti che si attraggono , razionalità ed istinto, luce e ombra che si coniugano con successo nei dipinti.

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Un aspetto che le caratterizza è il “riuso” di materiali di risulta come supporto delle loro opere o come strumento per la loro realizzazione. Le tele sono quasi sempre auto-costruite con un tessuto industriale che viene appositamente lasciato originale sul retro dell’opera. Le due artiste spesso contaminano porte, pannelli, vecchi tavoli o altri oggetti dismessi con la loro arte donando a questi materiali nuova vita e nuovo valore. Il riuso è una caratteristica che non riguarda solo i supporti delle opere ma anche i colori per dipingere sono recuperati da varie sostanze naturali. Le artiste utilizzano molto spesso la cenere originata dalla combustione di stufe o di camini come pigmento per la stesura, in forma di tratto o di colatura, di gradazioni armoniche di chiari o scuri molto singolari e riconoscibili. la commistione con sabbie o argille consente di classificare i lori lavori come appartenenti alle nuove tendenze green o eco sostenibili.
Betty e Anna non avrebbero mai nemmeno iniziato questa riuscita attività artistica se non le avesse accomunate uno spiccato gusto del bello e la grande passione per le novità. Estetica e ricerca quindi sono gli aspetti che determinano l’intensa originalità sia del loro lavoro sia del loro vivere quotidiano.

Web: www.bettyorsenigo.com


Betty Blues

Austera e severa bellezza che trapela nella contemplazione dell’imperfezione, pronta a cogliere la transitorietà dove nulla può durare, dove tutto si lascia attraversare. Struggente e sfuggente, non più accesa, non ancora spenta. Venere di cenere. Fenice infelice  tra polveri gettate sulla superficie.

E’ in corso un rituale di dissoluzione e riapparizione nella genealogia delle opere di Betty Bellù: contemplazione di sguardi tra ombre che sono solo lunghe un istante e già destinate a non essere più. Fra gli intervalli delle cose: non ora, non qui.

Appartata, inesorabile, tattile e degradabile. Se l’usura è la misura del tempo, occorre accogliere la mobilità metamorfica, il ciclo inesorabile di reincarnazione delle forme, la riunione delle anime divise nello sdoppiamento della coscienza, nell’intermittenza delle passioni calde e poi fredde.

Pars costruens implica pars destruens, ogni cristallizzazione di forma compiuta sottende la provenienza da una condizione amorfa. L’incontro di questa coppia artistica ha origini inconsce, si intuisce l’attesa e una lunga latenza prima dell’arte, il presupposto di un desiderio ancora inappagato di creare ma anche di lasciarsi agire, di farsi trasportare dall’onda eccentrica del doppio, dalla compresenza di un apparato costruttivo e insieme distruttivo. Sistole e diastole nel cuore delle emozioni, un gioco di vasi comunicanti, un vuoto accogliente già in origine predisposto alla creazione. Una pratica artistica resa possibile dall’attrazione magnetica della creazione a due, dall’alchemica combinazione di sensibilità differenti, dalla telepatia della comunicazione senza parole. Mente bipolare come amplificatore emozionale. La dialettica del negativo lascia  affermare la forma nel concetto attraverso la negazione: un processo generativo per concatenazione di tesi e antitesi: libera genesi di forme affiorate per distruzione creativa. La contaminazione tra le due artiste funge da innesco di una reazione a catena per sottrazione che lascia levitare la forma sottesa, un dispositivo latente e silente inscritto nella dinamica delle suggestioni. Sottotraccia, sottocutanea tessitura di strutture di segni, apparizione attraverso un gioco di tensioni e ritenzioni, indeciso tra apparizioni e pudiche  omissioni.

Una complicità naturale tra artiste che dialogano inserendo in una partitura musicale strutturata una improvvisazione più jazzistica, inter-play e variazione continua, in modulata alternanza di rivelazione e paludamento della figurazione. Un ritmo continuo fondato sul dis-velamento, della forma, una rincorsa a due, una sfida di voci in un duetto ben interpretato, senza sovrapposizioni di toni e personalità. Betty Bellù è una coppia artistica di recente costituzione ma già in grado di organizzare e razionalizzare la propria creatività con abilità con efficaci soluzioni visive, fondate su un movimento interno di deflagrazione figurativa destrutturata poi ricomposto da in elegante pasta monocroma che ne ricompatta l’unità significante.

Depositi di materia rivoli di velature sottili, campiture nervose di colore, palpebre richiuse su lacrime di polvere e acqua.

C’è una costruzione di matrice novecentesca della figura ridotta agli archetipi essenziali che si intinge in una atmosfera più rarefatta sfrangiando oltre la soglia della visione, cercando passaggi segreti dove il conosciuto sfuma nell’ignoto, dove la forma si consegna all’immaginazione. Un movimento libero di riverberi inafferrabili nelle sfumature, arabeschi indecifrabili di segni. Una fuga nell’imprecisione che perturba l’immagine con un intreccio di abrasioni e lacerazioni. La tela viene infestata da resti di combustioni, da segni mobili, dislocati, sradicati, è l’addensarsi di un presagio su ciò che si cela dietro le immagini, tra dissolvenze e sovraimpressioni.

Una composta malinconia, senza ostentazione, celata tra strati graffiati, tempestata di segni e tracce accennate ai confini di un nulla sabbioso, un deserto ai margini di una casa desolata abitata da fantasmi mossi dal vento di una musica perduta nelle anticamere, nella nostalgia dei sogni sprecati. Passioni appassite sotto la patina della memoria, ardore spento, nascosto sotto una nuvola di polveri vulcaniche.

A volte piove anche nel deserto. Senza riparo, basta lasciarsi piovere addosso.

Vittorio Raschetti

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