Project Description

NOTTI CRUDELI

DI ANDREA ARRIGONI

Ipnotiche e mentali, tra apparizioni di geometrie ortogonali, digressioni tra sfuggenti combinazioni e sovrapposizioni di nostalgie mediorientali. Mille porte da attraversare, mille storie da procrastinare. Dal tramonto all’alba tra notti dissolte ed avventure dissolute. Mille storie dentro altre favole. Incapsulate dentro il sogno infinito della pittura, forme dentro altre forme, litanie e narrazioni infinite, abbagliate dalla luce che interrompe un epilogo atroce. Oasi di magia, estasi di arabeschi, tra ardore, oscurità e crudeltà. Storie sfuggenti su tappeti volanti, forme evanescenti, destini acuminati, passioni incandescenti.

Meditazioni sulla pittura come arte della superficie, della compostezza della forma come leggerezza, nell’assenza di peso di illusioni cosparse di allusioni. Laboratori del dubbio dove si dipinge con vettori  che  attraversano gli spazi galleggiando miracolosamente sulla superficie. Una gelida calcolata vacuità di ambienti ibridi in grado di estendere i confini della percezione dove vuoti e piattezza riflettono perfettamente il modo di mostrarsi delle cose creando associazioni e accostamenti seducenti. Alleggerito di informazioni eccessive, lo spazio della tela si mobilità attorno a campi di attenzione e focalizzazione su icone semplificate che reagiscono tra loro in un gioco combinatorio che rimanda a variazioni infinite a moltiplicazioni sfuggenti. Una giustapposizione di forme vagamente organiche e di figure geometriche. Un dialogo tra linee ortogonali e curve irregolari, soffici topologie allusive, gassose ed incomprimibili.

Distese di campi cromatici piatti dove si stagliano rappresentazioni plastiche semplificate ed isolate. Una forza mimetica spinge a confondersi con lo sfondo, ma al contempo a riemergere dagli strati della tela per elevarsi in una distinzione percettiva, in un campo di salienza visiva e consistenza della rappresentazione. Quella di Andrea Arrigoni è una post-pittura fresca, meditata e consapevole, che si interroga sui propri confini, che lambisce i territori del concettuale accompagnata dalla matura consapevolezza del proprio linguaggio, che si instaura nel solo luogo ancora possibile della pittura attuale: quello dedicato all’interrogazione e al confronto con le pratiche della digitalizzazione e della post-produzione. Una istantanea sulla pittura del presente che si interroga sul proprio status, sul senso della rappresentazione e sulla possibilità dell’auto-presentazione. Nello spazio interstiziale tra una forma e l’altra si dischiude la possibilità di un campo di esistenza e di osmosi con lo sfondo, tra intrecci di forme in transizione. Distillati di forme fluide, puri indicatori inconsci, inter-connessioni spazio temporali, rappresentazioni analogiche di meteoriti alla deriva, iceberg fossili spaziali, distillati poetici visivi. Un immaginario de-territorializzato di simboli dislocati in spazi astratti e rarefatti, zone intermedie dove si incontrano livelli differenti di realtà. Pause strutturate con precisione tra i vuoti, perché solamente la costruzione compositiva è in grado di rivelare che ci troviamo collocati dentro uno spazio dotato di una qualità simbolica. L’artista innesca un dispositivo di ambiguità di lettura delle immagini tra una stilizzazione metafisica ed una astrazione di paesaggi mentali e cosmici, un teatro di forme fluttuanti nello spazio, dove la verosimiglianza è determinata da strutture allo stesso tempo astratte e concrete sempre visivamente coerenti. Arrigoni sembra dirci che è la consistenza strutturale e percettiva a determinare l’essenza delle immagini. La forma e lo spazio sono stimoli, centri potenziali, campi di azione, giochi di risonanze, architetture cristallizzate in luoghi ineffabili, occasioni, pure attese. Occorre congelare gli oggetti nel tempo per rendere l’osservatore cosciente dell’atto di osservare, occorre fermare l’attenzione mentale su ciò che vale la pena di guardare. Oscillando nell’opacità dell’autoreferenza delle forme, vacillando oltre lo sguardo: errando oltre le porte della percezione, indecisi tra concentrazione e rarefazione: attraversati da vuoti desolanti e pienezze straripanti. Un viaggio sospeso sulla soglia, esplorando tutto il possibile compreso tra i contorni, disposto lungo i bordi pazienti. Una perfetta indifferenza per l’esito, sospeso e rinviato, rimanendo in surplace galleggiando nell’abisso indefinito, senza apparenti ragioni, in assenza di spiegazioni, indifferenti alle conseguenze. Sprofondando negli stati più eterei, attraversati da perfetta leggerezza, tra implosione e levitazione dell’essere. Un tuffo nell’assenza, un bagno nell’assenzio, barando col baricentro, smarrendo il tempo nel vuoto profondo, ammarando nello sfondo. Ostaggi della gravità, zavorrati all’inevitabilità, avvinti dal peso della necessità, inghiottiti in uno spazio senza senso apparente, precipitando nello spazio vacuo di una misteriosa serenità.

Vittorio Raschetti