Project Description

MOIRA LINDA TOUSSAINT

DI FELICE TERRABUIO E ANTONELLA BOSIO

Blocchi di colore elevato alla saturazione cosmica, un attimo prima del grande bang, luce dell’emanazione nei mille universi, disperso nei multi-versi del possibile: puro colore allo stato nascente. Impronta altamente idiosincratica ed espressiva, errante, libera e solitaria, emotiva ed anarchica, incandescente ed incisiva, vivida e sempre lontana dal grigio del lasciarsi vivere. Anima fauve, nelle associazioni del calore compresso sino al desiderio della deflagrazione, inquieto, mai mansueto, in nessun modo addomesticabile dentro le ragioni della decorazione. Epifania del pensiero fluido nella differenza irriducibile del colore irascibile, sempre in fuga, anche da sé stesso. Nessun timore, pura vibrazione di intensità senza paura, ricerca libera dalle costrizioni della forma, dalle camicie di forza dove ogni frammento di tela è un pezzo di autonomia conquistata.

In compagnia del proprio demone personale, senza mai disabituarsi alla bellezza, anche questo è magia dell’arte: oltrepassare le porte sbarrate degli archivi segreti per catturare tutta l’intensità dello sguardo affacciato oltre la volatilità dell’immagine. Presenza dell’anima immersa nella vibrazione vitale della luce. Intensità espressiva ed auto-espressiva come ribellione anarchica di intensità gestuale, contro la dittatura della figurazione referenziale. Disseminazione di istanti cromatici che guizzano tra apparenti tracce di imprecisione.

Il colore è temperatura esistenziale, pulsazione vitale. Il colore è sempre eccedente, non riposa mai in se stesso, ma è sempre oltre, dislocato in un movimento di avvicinamento o allontanamento, di ritenzione o espulsione di una visione mentale, di una tensione spirituale.colori vividi alternati a vibrazioni di stringhe di segni filiformi, ectoplasmi e conformazioni organiche bio-morfe di colori accesi che si urtano tra di loro generando un attrito cromatico che deflagra in un urlo espressionista senza volto. Il colore secerne il veleno del dubbio tra i frammenti ambigui di forme alla deriva ancora indecise a ricomporsi in una costellazione di senso compiuto. La pittura è un campo di battaglia, un centro di attivazione di superfici, di azione e reazione tra forze da cui scaturisce l’intensità e il tono emotivo delle immagini.

Sempre nuove equilibri dinamici, rapporti tonali, armonie complesse, ritmo pulsante, visione drammatica e crudele come l’esistere gettato oltre il confine della rassicurazione della forma. Nella dinamica metamorfica della polifonia cromatica fatta di una pluralità di diffrazioni gettate nella differenza, nell’eccedenza a-centrica, atavica, simbolica.

La pittura è – per Toussaint – una emozione irriducibile per accedere ad una sensazione diretta e spontanea: la più prossima al vero. Semplici espressioni di pensieri complessi, per distruggere l’impressione e rivelare il sotto-testo della verità nascoste. Mentre la luce è percepita con gli occhi, il colore è compreso con la mente, la cultura, la memoria.

Oltre il centro focale, un gioco sapiente di giustapposizioni cromatiche, una continua  presa di coscienza che il quadro vive di vita propria, una esistenza segnata da motivi circolari come anelli irregolari di tempo, ovali oblunghe, concrezioni polimorfe ed organiche di tempo-colore. Si tratta di mantenere la bi-dimensionalità della superficie pittorica e al contempo dipingere la profondità immersa nell’abisso musicale del puro colore. Armonia in movimento, attraversata dal caso solo apparente, perché il caos non è mai caotico, ma rappresenta la manifestazione di un disegno interno dell’idea che si lascia decifrare per via intuitiva.

Mai nulla di immobile, di fisso, di concluso, ogni colore ondeggia in un continuo moto di un centro di vibrazione ellittica attornio ad un contorno incerto, che chiede solo di essere oltrepassato.  La forma va suggerita, evocata con una meditazione cromatica, uno slancio vitale che si condensa in forme organiche allusive, aggregati spontanei di atomi pigmentati ed arrabbiati.

Raggiungere una essenza estetica richiede la presa di coscienza che la pittura è libera da qualsiasi obbligo di descrivere, di contenersi dentro i contorni di forme rinchiuse in una rappresentazione come mimesi delle forme, la tela perciò non deve essere uno specchio della realtà ma piuttosto un punto di emissione di segni, di irradiazione di simboli, un centro di attivazione di vibrazioni irrequiete che lottano per afferrare lo spazio esterno. Una continua esplorazione dell’atto del dipingere una ricerca sul senso della pittura come pratica non della mimesi ma della genesi dello spazio. Per una pittura non come immagine ma come evento, come accadere inatteso. Occorre affrontare la superficie del quadro come fosse un oracolo capace di offrire una risposta, e dipingere quasi fosse una pratica maieutica, per estrarre un senso dalla libertà, per trovare una possibile via di uscita dal caos.

La tela rende possibile il fluire di gesti che rimandano ad un rito antropologico che rinvia a una morfologia psichica e un paesaggio interiore di archetipi del profondo in comunicazione con i recettori e le emozioni primordiali che hanno a che fare non con il piacere estetico, ma con l’urgenza della salvezza, evocazione insieme rituale e sacrificale. Vulcanico magma pittorico, lava raffreddata nell’impasto di colore.

Una macchia solare, una tempesta di luce. Un mantra ipnotico, una ripetizione differente di un gesto moltiplicato fino a dimenticare se stesso nel fluido del magma del colore. Caldo, esplosivo, inarrestabile vortice di vento nel calmo centro del ciclone, avvolto da raffiche di vento in movimento. Una tempesta di sabbia calda nel deserto incandescente.

Vittorio Raschetti