Project Description

FLUOEMOTION

DI MARCO SCALI

Fluorescenza, assoluta trascendenza e metamorfosi della luce, pronta a trascolorare in un altro codice cromatico, aprendo un mondo parallelo, un modo alternativo di pensare la luce. Un grande teatro della luce, un gioco di de-costruzione cromatico, attraversando campi di luminescenza inediti come lanterne magiche che proiettano sogni sul fondale oscuro dell’inconscio.

Lo spettro visivo come fantasma notturno, creazione disposta a reincarnarsi in un’essenza di luce per varcare le soglie dell’assenza. Il ritorno del rimosso di un incubo notturno, di un sogno pericoloso dove la verità non si afferma ma si tradisce nel suo doppio per concedersi ad una apparizione fuggevole e struggente.  Poesia che si rivela in controluce, in filigrana, mostrando il rovescio del colore, il lato oscuro della luce: perché nell’arte è solo l’artificio sofisticato a svelare la vera bellezza.

Il colore nell’universo poetico di Marco Scali assume una dimensione concettuale di riconfigurazione di senso e ridefinizione di coordinate morali, perché un colore non è mai neutro, non è mai muto. Ma il colore riflette anche una attitudine architettonica e costruttiva, per rimodellare la forma dentro un vettore emozionale, per invadere il mondo rispettando la fedeltà al colore come espressione estetica, linguaggio interiore e codice morale.

Implosione del mondo nel tubo catodico che si fa plasma dell’immagine emulsione, riapparizione nella sostanza incorporea di un ectoplasma esangue della pittura che moltiplica l’immagine oltre l’insonnia. Emersione dell’eternità del colore: sensazione, emozione, pulsazione iconica, ironica: presagio in tempo reale della visione. Occorre sfondare il sipario della notte infinita disseminando un arcipelago di presenza dispersa, eccesso liquido di colore nella nebbia di luce dilagante in una colata di assenzio: silenzio di un tempo interrotto.

Poca luce o molta, quanto basta, senza più alcun dovere di aggiungere colore al colore. Ovunque, a qualunque ora, foto-sensibili e foto-degradabili, sensitivi rabdomanti della luce: anche con la luce assente, guidati dalla memoria del colore che conduce fuori dal buio.

Tutta l’ambiguità degli eroi dei comics, il loro status di creature insieme statiche e dinamiche, violente e  generose, criminali e giustiziere, dark e innocenti, immortali e mortali, invincibili ma cosparsi di cicatrici profonde sulla superficie satinata dell’anima non rimarginata, super-eroi desolati, semidei ammaccati da un tempo che non passa condannati all’immortalità del presente. Questa doppia per non dire multipla personalità dei fumetti, riunisce in una condensazione come in un sogno, in una ambiguità come nell’inconscio, la natura ambivalente e la moralità regressiva dell’inconscio con le sue incontrollabili pulsioni e i suoi inconfessabili desideri. Emersi da un’origine sconosciuta, gettati nella zona negativa ricca di contraddizione, creature mito-poetiche, vettori dell’immaginario adolescenziale, miti contemporanei che  proiettano favole collettive, che estroflettono luci psichedeliche quando calano le luci sulla città. Un territorio immaginario insieme affascinante ed inquietante, le storie dei comics fuoriescono dalle coordinate ortogonali delle tavole per abbracciare le visioni oniriche dell’età tardo infantile e pre-puberale, quel mondo senza confini di sogni ad occhi aperti ancora non strutturati in narrazioni dominate da un super-io ed istanze morali. Eroi solitari ed esistenzialisti ai confini della realtà, sempre sulla soglia dell’adolescenza interminabile dei sogni. Sono eroi che ambiscono alla redenzione ad essere visti sotto una luce diversa, una luce che si accende nella notte quando è possibile togliersi la maschera e cominciare a sognare sotto un’altra luce.

Fluorescenza, variazione di intensità di un impercettibile istante, sulle sue infinite mobilità, sulle sue inarrivabili modulazioni di qualità, tra evanescenze, differenze ed ambiguità. Vibrazione generata per sottrazione, rimbalzo, rifrazione, colore scaturito dall’urto con un iceberg di cristallo, moltiplicato nelle mille facce di ghiaccio scheggiate nella luce di diamante. La luce non è mai  in ozio, l’occhio non è mai sazio, sempre circondato da mobili ed insondabili variazioni cromatiche. Forme che si trasformano fissando l’infinita mobilità dell’istante, nella geometria variabile eternamente fluttuante nelle forme liquide intinte nel colore.

Mobili e libere trasparenti interferenze tra tonalità e superfici, straripanti di energia nella libera espansione di colori che eccedono sempre, dislocandosi in relazioni inedite che sovvertono il profilo grigio del mondo con una strategia di guerra alla noia. L’arte di Marco Scali è una guerriglia pacifica per accerchiare lo spettatore e stringerlo nell’assedio dello stupore del colore.

I soggetti delle opere di Marco Scali sono esche per catturare l’energia dispersa nel mare del mondo, per risvegliare un campo di attenzione attorno a un’energia in atto nel colore, un dispositivo di decifrazione delle linee di forza cromatica all’interno di un sistema combinatorio di macchie di colore che si autoalimentano in uno spazio smontabile rovesciabile e reversibile privo di gerarchia e ordine architettonico: la composizione è un caleidoscopio dove i tasselli ricompongono le infinte possibilità dell’icona in un gioco infinito di trasformazioni poetiche ordinate come un mosaico post- moderno.

La genesi della soggettività richiede di lasciar apparire la differenza individuale, l’impronta incommensurabile, la differenza idiografica, l’unicità della persona scritta nell’intraducibilità del volto. La verità svelata nell’epifania di un soggetto inconoscibile e non riducibile a mera formula, definizione o astratto concetto: l’individuo resta infatti un’apparizione inattesa, un volto sfuggente che si tradisce in un ritratto unico e irriproducibile. E’il mistero insolubile del confronto con il volto impassibile che ci guarda e ci riguarda. L’Io è l’inarrivabile, l’ineffabile differenza evocata nell’irraggiarsi di infinite linee divergenti, spezzate e sempre in fuga in uno specchio rifrangente. Il pudore che respinge la rapacità dello sguardo altrui, il richiudersi delle palpebre sui segreti privati, la negazione dell’ostentazione, il rifiuto dell’indiscrezione, la nobile psicologia di una civiltà anteriore, tra volti contemporanei, ma rivolti allo stile di un tempo inattuale, non troppo lontano ma già scomparso.

Irraggiungibile ma autentico, come il mito sempre in fuga che si rinnova per successive allegorie e reincarnazioni. L’anima attraversa una metempsicosi sempre migrante, una fuggevole apparizione in una nuova icona avvolta nel mistero. Il cuore in fiamme della passione, l’anima dark di una bellezza fatale, onde di colore, pulsioni cromatiche di entusiasmo debordante. Pericolose sirene postmoderne cantano melodie irripetibili e incantano con il magnetismo di una forma che lotta contro la latitanza dello sguardo contemporaneo troppo ricco di distrazione. L’armonia generale si fonda su una molteplicità di traiettorie visive che si offrono in una pluralità di tessere combinate in un intarsio sofisticato e dinamico di macchie sature di colore. Giochi di dissonanze ed alternanze di toni caldi e freddi per amplificare volumi e suggerire la geometria misteriosa e spigolosa nell’irrequietezza della tempesta delle superfici pulsanti di un corpo elettrico ricoperto di epidermide virtuale e mutante. Inondati da filamenti di colori acidi corrosivi, immersi in atmosfere psichedeliche, fluttuando in una vertigine di moto perpetuo, infinito ed indefinito, lasciandosi adescare in una vampata di colore che riflette la magnifica ossessione per un sosia spettrale di seduzione e perdizione, nella sparizione di un colore nel suo simulacro, nel suo indicibile spettro notturno.

I comics per Marco Scali sono l’occasione di un tentativo di affrancarsi da un mondo di zucchero che celebra il mondo solo in apparenza innocente dell’infanzia, una sorta di tentativo di rivivere e forse superare incubi ad occhi aperti, come i pericoli nascosti sotto i falsi tutori dell’infanzia come i giochi apparentemente rassicuranti che tradiscono un’anima morbosa. Occorre compiere un sacrificio simbolico per desacralizzare la visione rassicurazione delle favole infantili e cominciare la metamorfosi verso l’Io non cullato da falsi sogni ma disposto ad esprimere fino in fondo la propria libertà scegliendo sogni non addomesticati, eroi contraddittori, impuri ma veri.

Vittorio Raschetti