Project Description

FAB FOUR

Il curatore, lo stilista, lo scrittore e il pittore: 4 modi di vivere, creare, mostrare, raccontare la bellezza, quattro modi di vivere la passione per l’arte. Come nei Fantastici 4, ciscuno ha fatto della propria eccentricità un punto di forza, un’espressione di verità. Il numero quattro è simbolo di concretezza, di granitica forza solida e quadrata, di invincibilità. Come i Tre Moschettieri, che in realtà erano 4.

 

Ritratti non ritrattabili

Curiosità antropologica, ma anche stupore per l’apparizione improvvisa della differenza individuale, l’ossessione per il ritratto è per Paolo Monga una celebrazione laica della bellezza della personalità sempre pronta a confrontarsi con il linguaggio della contemporaneità. La singolarità intraducibile, l’inattingibile opacità dell’essenza individuale è restituita per mezzo di un rituale di avvicinamento lento ma inesorabile, a partire da appostamenti fotografici, attese interminabili quasi come i tempi di posa degli antichi ritratti, preziosi istanti rivelatori rubati all’intimità con la solitudine inaccessibile della persona con se stessa. Il carattere individuale non si confessa, ma si tradisce in una serie di atti mancati, di abitudini apparentemente inspiegabili, di fissazioni, atteggiamenti e posture inconsce. Testimonianza apocrifa, ma verosimile, del carattere, quasi come una seduta psicoanalitica che risveglia i tratti inconsci di un mondo sommerso di motivazioni ulteriori, che affiora, velatura dopo velatura, sulla tela dell’artista.

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Non è la committenza a rendere meno libera la mano dei veri ritrattisti antichi o moderni. Un esercizio di immaginazione addirittura accresce la propria forza rappresentativa a partire dai vincoli dell’aderenza naturalistica fisiognomica alla figura, così come non è meno metafisico un ritratto dal forte impatto concreto. La trascendenza del volto non dipende dalla minore cifra realistica della rappresentazione, ma dall’ambivalenza del mistero della contemporanea presenza ed assenza dal mondo: presenza nello spazio ed assenza dal tempo. Le opere di Paolo Monga prendono forma grazie alla tensione tra i materiali tecnologici di partenza, e l’immaginazione metafisica creando una figurazione concettuale che lascia apparire un lato spesso trascurato della tarda modernità. Il ritratto metafisico non è mai completamente astratto dal mondo, ma si dispone ambiguamente in transito tra il mondo e l’al di là dal mondo.

Solo volti sapientemente selezionati, in grado di ispirare con un carisma naturale, sguardi predestinati ad una perfetta condensazione della personalità. Nessun eccesso caricaturale, un impatto quasi iperrealista che non sconfina nel freddo fotorealismo ma suggerisce un tratto allusivo, sottilmente allegorico, portando alla superficie tutta l’inquietudine contemporanea del grado zero del ritratto. Il silenzio della pittura avvolge il brusio dell’azione smarrita. Una presenza umana priva di compromessi ed intrecci con il paesaggio che si offre liberata da doveri, commenti o spiegazioni. Caratteri puri, privi di mediazioni, apparentemente sprovvisti di relazioni con un mondo apparentemente inabissato in un orizzonte vuoto atemporale. Storie solo immaginabili, nomi criptati di personaggi ancora non decifrati. Identità ed enigmi da conservare. Ritratti da meditazione, volti concessi solo dopo lente distillazioni di toni, tratti, vibrazioni: colori trattenuti, concessi solo per serie di sottrazioni. Tutta l’apparente inattualità della forma ritratto riprende vita grazie alla consapevolezza del bisogno di riconfigurarsi all’interno delle poetiche antinaturali, antiumanistiche, dell’arte contemporanea. Paolo Monga ha intuito che occorre ricominciare dal tortuoso percorso della pittura, per trattenersi in un tempo analogo a quello del vissuto personale e permettere una comprensione esistenziale ancora autentica così radicalmente differente dalle macchine di produzione post-umana di illusione digitale.

La frammentazione dell’immagine che si scinde in una pluralità di pannelli separati dalla cornice, ma ricomposti nel rimando della figura che prosegue al di fuori del quadro in prospettive simultanee che avvolgono il ritratto moltiplicando i punti di osservazione in composizioni costruite con dittici e trittici. Le prospettive entrano in risonanza tra loro costruendo una visione che diventa movimento e ritmo di ricomposizione dell’immagine.

I ritratti di Paolo Monga mostrano la discesa dal piedistallo della storia, dalle false certezze della narrazione biografia, dalle rivelazioni fisiognomiche, dalla celebrazione agiografia del carattere e del successo. Sono ritratti non ritrattabili, definitivi, oltre qualsiasi narcisismo e culto della personalità. Ritratti predestinati a testimoniare non il vero, ma il possibile. Volti che si confrontano col vuoto, innescando un processo di rarefazione della narrazione individuale, che da biografica diventa sintomatica e riemerge come scrittura latente e proiezione inconscia. Uomini solitari immersi in uno scenario indefinibile galleggiano in una pittura atemporale che affonda in un campo di energia monocromatica. Ritratti retrattili, come artigli felini solo apparentemente mansueti,   in grado di scalfire la superficie e cogliere fino al fondo il tratto ancora sanguinante di vitalità sotto l’apparente letargo della personalità.

 

 

MF Art Gallery
Martedì – sabato 9 – 18

Marco Monti Arte
“Galleria Eventi”
Via A. Volta 17, Monza
lunedì – sabato   9 – 12 / 16 – 19
Lunedì mattina chiuso
Festivi su appuntamento

 

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